LA GESTIONE DEL RISPARMIO
di Franco Bagliani | pubblicato il 12 aprile 2023
Quello dei private markets è un tema che su questo blog ho già trattato più volte e su cui ho sempre voluto puntare molto, principalmente perché credo nelle sue potenzialità e perché si stratta di un settore sconosciuto alla maggior parte dei miei lettori. Nei primi articoli il focus era incentrato sui rendimenti offerti dai fondi di private equity e di private debt a fronte di un settore obbligazionario con tassi prossimi allo zero. Oggi la situazione è cambiata completamente, con bond in grado di offrire anche il 7/8% annuo e un tasso di inflazione che non sembra destinato a diminuire significativamente nel breve periodo.
Adesso più che mai risulta di fondamentale importanza convogliare il risparmio accumulato direttamente nell’economia reale nella maniera più efficiente possibile, per permettere alle imprese di fronteggiare tutte le sfide che questo periodo storico pone loro. Non si tratta infatti solo dell’inflazione e degli alti tassi di interesse, che aumentano il costo del capitale e che minacciano di assorbire una parte crescente del denaro risparmiato dalle famiglie (proprio a causa degli alti tassi offerti dal settore obbligazionario). Si tratta anche e soprattutto di tutte le sfide di carattere sociale e climatico che tutte le aziende del mondo dovranno fronteggiare nei prossimi anni, tanto che Martin Sandbu, sulle pagine del Financial Times, è arrivato a definire l’attuale situazione socioeconomica con l’etichetta “polycrisis”.
Quindi ecco che ancora una volta i private markets si rilevano di fondamentale importanza, costituendo a fianco ai canali tradizionali (come le borse valori), una delle vie principali dove poter convogliare i risparmi disponibili. Non a caso il parlamento europeo lo scorso 15 febbraio ha varato importanti modifiche riguardanti il regolamento sugli Eltif (European Long-Term Investment Fund). Si tratta di fondi chiusi a lungo termine introdotti nel 2015 dalla stessa Unione Europea per permettere agli investitori retail ed istituzionali di investire in attività e progetti non quotati, che però ad oggi non hanno incontrato particolarmente l’interesse degli investitori a causa di numerose restrizioni che ne limitavano l’accesso. Con l’ultima riforma il parlamento si augura proprio di rendere più accessibili questi fondi così da accelerare la raccolta di capitale e, di conseguenza, la ripresa economica del vecchio continente. Alla fine del 2021 l’istituto Scope Fund stimava un giro di capitali di appena 7,2-7,7 miliardi legati a questa tipologia di fondi, mentre adesso Blackrock stima una crescita che porterà il mercato europeo degli Eltif a raggiungere i 100 miliardi prima della fine del 2026.
In ambito italiano il player più attivo è senza dubbio Azimut, che da diversi anni ha iniziato a puntare molto sul settore private e non solo. Un esempio è il fondo IPC (Infrastrutture Per la Crescita) di Azimut Libera Impresa gestito da Andrea Cornetti, che si occupa di investire direttamente nell’economia reale seguendo i criteri ESG, riguardanti la sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Il fondo in questione ha già investito 740 milioni di euro in 24 differenti operazioni su tutto il territorio nazionale e punta a raggiungere il prima possibile la quota di 1 miliardo di euro di investimenti. Un altro esempio è il fondo IPO Club, fondato da Simone Strocchi in collaborazione con Azimut nel 2017, che si occupa di affiancare le imprese italiane durante il tortuoso ed oneroso processo di quotazione in borsa.
Tutti i canali di investimento (alternativi e non) giocheranno quindi un ruolo di fondamentale importanza nei prossimi anni. In definitiva, la sfida rimane la medesima: utilizzare il risparmio delle famiglie nella maniera più efficiente possibile, così da sostenere l’economia in questo periodo particolarmente delicato ed intenso.