MONETA ED INFLAZIONE

Le prime civiltà ad introdurre la “moneta” all’interno del loro sistema economico furono quella greca e quella persiana intorno al VI-V secolo a.C., con lo scopo di superare il baratto con un mezzo di pagamento più efficiente. Questo strumento finanziario ha così permesso all’economia globale di crescere a ritmi altrimenti irraggiungibili, abbattendo i costi di transazioni collegati a qualsiasi transazione. La moneta ha però portato con sé anche una serie di fenomeni con cui facciamo i conti ancora oggi. Uno fra tutti è sicuramente l’inflazione, ovvero l’aumento prolungato e generalizzato dei prezzi di beni e servizi con una conseguente diminuzione del potere d’acquisto della moneta, misurata attraverso la rilevazione e il confronto in diversi momenti storici dei prezzi di un determinato paniere (ovvero un insieme di beni e servizi rappresentativi degli effettivi consumi delle famiglie).

Si potrebbe pensare all’inflazione come ad un “problema” diffusosi solamente con l’avvento della moneta cartacea all’alba del ventesimo secolo, ma non è così. Dionisio di Siracusa, ad esempio, sovrano della Magna Grecia nel IV secolo a.C., per ripagare l’ingente debito che gravava sul suo regno, decise di emettere un decreto che imponeva il ritiro di tutta la moneta in circolazione. Fece quindi imprimere sulle valute da una dracma il valore di due dracme e utilizzò i guadagni derivanti da questa operazione per pagare i propri creditori. Non si tratta quindi di un fenomeno recente, anche se è impossibile negare che l’introduzione delle banconote abbia reso le crisi inflazionistiche più frequenti e soprattutto più severe. L’esempio storico più famoso riguarda sicuramente la Germania del primo dopo guerra. Tra il 1919 e il 1923 l’inflazione toccò addirittura il 662,6% annuo. Nel novembre del 1923 il marco arrivò a valere un bilionesimo di quanto valeva prima dello scoppio della Grande Guerra.

Conclusa questa parentesi di carattere prettamente storico torniamo ai giorni nostri. Come tutti sapranno, negli ultimi mesi le principali economie globali hanno dovuto fare i conti con un tasso di inflazione decisamente più elevato del solito, che nel 2022 ha raggiunto l’8,01% negli Stati Uniti e l’8,3% in Europa. Di fronte a questi valori la Fed e la Bce non hanno potuto fare a meno di intervenire sul mercato attraverso diversi rialzi dei tassi, ed è probabile che dovranno farlo ancora. Se infatti sul finire del 2022 avevamo assistito ad un rallentamento nella crescita del tasso di inflazione, all’alba dell’anno nuovo la tendenza sembra essersi invertita almeno negli Stati Uniti, con l’indice PCE (paniere che esclude i prodotti alimentari e l’energia) che è salito dell’0,6% a gennaio, superando dello 0,1% le previsioni di Wall Street e facendo di conseguenza crollare i futures legati al Dow Jones Industrial Average di oltre 300 punti.

In Italia invece, nel mese di gennaio l’incremento dei prezzi ha raggiunto lo 0,1% su base mensile e il 10% su base annua, segnando un leggero rallentamento rispetto ai mesi precedenti. La causa di questa diminuzione risiede in particolar modo nell’inversione di tendenza registrata dai prezzi dei beni più volatili rientranti nell’indice dei prezzi al consumo, come ad esempio i beni energetici regolamentati, che hanno registrato un -12% su base annua. Purtroppo però l’inflazione di fondo o “core”, ovvero l’inflazione calcolata escludendo dai panieri i beni energetici e alimentari, è salita dal 5,8% al 6%, registrando quindi un ulteriore accelerazione che non tranquillizza di certo i consumatori italiani.

Arrivati a questo punto gli analisti prevedono un rientro dell’inflazione attorno al 2% non prima del 2025/2026, e con tutta probabilità assisteremo nei prossimi mesi ad ulteriori rialzi dei tassi. Data la situazione attuale i mercati registrano una forte volatilità altamente correlata con le decisioni dei principali istituti bancari centrali e con i report relativi ai dati mensili del tasso di inflazione. L’investitore farà quindi bene ad essere prudente e a scegliere con cura lo strumento finanziario opportuno, ricordandosi che i soldi lasciati sul conto corrente si svalutano ad una velocità mai vista negli ultimi anni.

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