ELEZIONI DI MID TERM E MERCATI FINANZIARI
di Franco Bagliani | pubblicato il 19 novembre 2022
In questi giorni sono andate in scena negli Stati Uniti le elezioni di Mid term che hanno visto contrapporsi i due partiti della democrazia americana, ovvero quello repubblicano e quello democratico. Anche se ad oggi non sono ancora stati rilasciati i risultati definitivi l’esito è ormai chiaro. Per quanto riguarda il Senato i democratici sono in vantaggio, con 50 senatori contro i 49 dei repubblicani, alla Camera invece sono i secondi ad aver conquistato la maggioranza con 218 deputati. In attesa degli ultimi ballottaggi ci si chiede come reagiranno i mercati finanziari.
Storicamente le azioni dimostrano una chiara tendenza rialzista nei mesi di novembre e di dicembre negli anni delle Mid term e lo stesso si può affermare per il terzo anno del ciclo presidenziale, con lo S&P 500 che ha prodotto rendimenti positivi l’82% delle volte. A partire dal 1928 i ritorni medi del principale indice azionario del mondo si sono infatti distribuiti nel seguente modo nell’arco dei 4 anni del ciclo presidenziale:
primo anno: +6,7%
secondo anno: +5,8%
terzo anno: +16,3%
quarto anno: +6,7%
Occorre però ricordare che i dati storici, per quanto possano fornire importanti spunti di riflessione, non sono in grado di spiegare il comportamento futuro dei prezzi dei titoli. Ad oggi, per esempio, lo S&P500 ha generato dei rendimenti nettamente peggiori rispetto alla media storica dell’anno delle elezioni di Mid term. Questo principalmente a causa di un’inflazione galoppante e della repentina reazione della Fed, che ha da poco aumentato i tassi di 75 punti base per la quarta volta consecutiva con l’obiettivo di rallentare l’aumento dei prezzi. Inoltre, solo due settimane fa il direttivo della banca centrale americana ha annunciato che sebbene stia prendendo in considerazione incrementi più contenuti per quanto riguarda i prossimi aumenti dei tassi, la lotta contro l’inflazione è tutt’altro che conclusa e la posizione di politica economica rimane la medesima. A tutto questo si aggiunge ovviamente il conflitto russo-ucraino e le tensioni con la Cina che di certo non facilitano la ripresa dei mercati.
Data la ormai quasi certa vittoria dei democratici al Senato e dei repubblicani alla Camera, con tutta probabilità il prossimo Congresso sarà caratterizzato da un’attività legislativa limitata e incontrerà maggiori difficoltà nell’approvare importanti riforme normative. Questo potrebbe in parte favorire le aziende, le quali sarebbero in grado di pianificare la propria operatività senza dover anticipare cambiamenti fiscali rilevanti. Allo stesso tempo però la maggioranza repubblicana alla Camera potrebbe ostacolare l’innalzamento del tetto del debito, rendendo più difficile per il Tesoro americano finanziare il governo e le relative manovre politiche.
Insomma, stabilire quali saranno le conseguenze di questi risultati sull’andamento delle borse non è facile. Le variabili, come sempre in ambito economico, sono diverse e i nessi di causalità che le collegano sono complessi e di difficile definizione. Sicuramente l’impatto di queste elezioni sui mercati finanziari avrà una portata decisamente ridotta rispetto a tutti gli altri “problemi” di carattere macroeconomico precedentemente citati, come l’aumento dei tassi di interesse e dell’inflazione, l’inasprimento della politica monetaria, il conflitto russo-ucraino, le tensioni geopolitiche e il rallentamento della crescita economica. Ovviamente nessuno può sapere con certezza quali saranno i prossimi sviluppi del mercato. Con ogni probabilità però questi ultimi mesi del 2022 saranno caratterizzati da una forte volatilità delle borse, la quale porterà con sé grandi rischi ma anche importanti opportunità.